Addio a Bruno «Maciste» Bolchi, gentleman della panchina, nel 2000 e nel 2001 su quella genoana - Fondazione Genoa 1893

Addio a Bruno «Maciste» Bolchi, gentleman della panchina, nel 2000 e nel 2001 su quella genoana

Addio a Bruno «Maciste» Bolchi, gentleman della panchina, nel 2000 e nel 2001 su quella genoana

All’età di ottantadue anni (era nato a Milano mercoledì 21 febbraio 1940) è deceduto martedì 27 settembre 2022, nella clinica fiorentina di Villa Donatello, Bruno «Maciste» Bolchi (soprannominato così dal giornalista Giovanni «Gianni» Brera,perché dotato di un fisico possente e di un’elevata statura – 187 cm. – davvero rara a vedersi, ancor di più tra i centrocampisti come era lui, sui campi calcistici di una sessantina d’anni fa), ex allenatore del Genoa nel 1999/2000 e nel 2000/2001 (due stagioni agonistiche in cui ottenne risultati sportivi di segno opposto alla guida della compagine rossoblù).

  Da calciatore aveva militato inizialmente per sette stagioni nell’Internazionale, di cui era diventato, a soli ventuno anni, capitano nel 1961 (il suo anno calcisticamente più felice, non solo per essere stato investito di un ruolo così importante – scelta che ne premiava il carisma che gli derivava dal carattere riflessivo, sostenuto da una notevole capacità dialettica, che ne modellava la personalità bonaria – in uno «spogliatoio» di grande personalità, a cominciare dal «vulcanico» allenatore argentino (di genitori spagnoli) naturalizzato francese Helenio «il Mago» Herrera Gavilán, ma anche per aver fatto registrare tutte – quattro – le sue presenze con la maglia della Nazionale Italiana) e poi aveva militato nel 1963/1964 (accettando di passare durante il «mercato di riparazione» autunnale dalla squadra che portava sul petto lo Scudetto – l’unico da lui conquistato in carriera – a una di Serie B) nell’Hellas Verona, nel 1964/1965 nell’Atalanta, di nuovo in Serie A, categoria in cui sarebbe rimasto fino al 1970, indossando la maglia granata del Torino, per chiudere infine la carriera a Busto Arsizio con due campionati di Serie C tra i «tigrotti» della Pro Patria.

  Di buon livello è stata anche la sua carriera di allenatore, che ebbe il suo «picco» nel «salto doppio» del Bari dalla Serie C alla Serie A tra il 1983/1984 (indimenticabile in quella stagione agonistica l’impresa ottenuta dai Galletti, militanti in terza serie, nei Quarti di Finale di Coppa Italia in due mercoledì – 8 e 22 – del febbraio 1984 con la vittoria per 2-1 al “Comunale” di Torino e il pareggio per 2-2 allo “Stadio della Vittoria” ottenuti grazie a due reti allo scadere di Antonio «Totò» Lopez – in casa su calcio di rigore – contro la «stellare» Juventus di Giovanni «Trap» Trapattoni, il quale nei due incontri aveva schierato giocatori del calibro di Claudio «Gento» Gentile, di Gaetano «Gai» Scirea, di Marco «Schizzo» Tardelli, di Paolo «Pablito» Rossi, del francese Michel «le Roi» Platini e del polacco Zbignew «Zibì» Boniek e al ritorno di Antonio «il Bell’Antonio» Cabrini) e il 1984/1985, ma annoverò anche le promozioni nella massima serie alla guida di Cesena (nel 1986/1987, dopo il 2-1 nello spareggio contro il Lecce allo “Stadio delle Palme” di San Benedetto del Tronto mercoledì 8 luglio 1987), Lecce (nel 1992/1993) e Reggina (nel 1998/1999, quando subentrato nel finale di Campionato a Elio Gustinetti, mantenendo in maniera singolare – tre pareggi interni ed altrettante vittorie esterne – la «media inglese», «regalò» al sodalizio amaranto la sua «storica prima volta» in Serie A). 

  Visto che la dirigenza della Reggina aveva deciso di puntare su Franco Colomba per la guida tecnica degli amaranto nella stagione dell’esordio nella massima serie e nessuna altra squadra lo aveva contrattualizzato, di lui si ricordò il Genoa, che sotto la guida di Delio Rossi aveva ottenuto 24 punti in ventidue partite (in quel momento il Vecchio Grifone era diciassettesimo a un punto di distacco dall’Empoli, l’ultima squadra «virtualmente» salva) del campionato cadetto. Il cambio era anche metodologico: dall’idealismo tattico-agonistico del tecnico riminese alla «consumata» esperienza e al pragmatismo dell’allenatore milanese. Bolchi esordì domenica 20 febbraio 2000 con un «rotondo» 4-2 interno al Cesena, a cui fecero seguito una sconfitta di misura (0-1) all’“Arechi” di Salerno la domenica successiva e a marzo un «filotto» di quattro vittorie consecutive al “Luigi Ferraris”, la più ricordata dalle quali (festeggiata poi in un ristorante cittadino con una cena di squadra offerta – da gran signore qual era – dallo stesso Bolchi) è quella di lunedì 20 marzo 2000 per 1-0 – nell’unico incontro di quella serie nominalmente disputato in trasferta – nel derby contro una Sampdoria, che, «affondata» sotto la Gradinata Nord da un colpo di testa del suo ex giocatore Marco «Carpa-goal» Carparelli, avrebbe smarrito la strada che la stava conducendo all’immediato ritorno in Serie A, mettendo insieme nelle successive sette giornate una vittoria, un pareggio e cinque sconfitte, che resero inutili le quattro vittorie finali. Purtroppo la squadra rossoblù dopo quelle quattro vittorie consecutive raccolse «solamente» sette punti nelle successive cinque giornate, subendo due 1-2 esterni che le «tarparono le ali» nella rincorsa – impensabile nel momento in cui c’era stato l’avvicendamento sulla panchina rossoblù – alla promozione, nonostante i tremila tifosi al seguito al “Brianteo”, a Monza e, nonostante la posizione di «fanalino di coda» ormai rassegnata alla retrocessione della formazione locale, a Fermo (perdipiù in rimonta!). Il finale di campionato fu, comunque, lodevole e impreziosito dalla vittoria all’ultima giornata contro il neopromosso Napoli nella «bolgia» del “San Paolo” in cui erano sugli spalti circa ottantamila spettatori: dopo la doppietta di Carparelli, la rete del definitivo 3-1 venne segnata da Cosimo «il Corsaro Nero» Francioso, capocannoniere del Campionato con 24 reti, e il Genoa si classificò sesto con 57 punti, di cui 33 fatti dalla squadra nelle ultime sedici giornate (quelle sotto la guida tecnica di Bolchi) a una media superiore a quella di due punti a partita (se mantenuta per tutto il campionato dal Genoa, ci sarebbe stato un distacco di undici punti a suo favore nei confronti del Vicenza, vincitore reale di quel torneo con 67 punti).

  Nella stagione agonistica seguente il Genoa si ripresentò ambizioso ai «nastri di partenza» della Serie B, ma si capì presto che la squadra guidata da Bolchi non era attrezzata per lottare per la promozione e avrebbe fatto bene «a guardarsi alle spalle». Gli innesti di giocatori di esperienza quali il portiere Fabrizio Lorieri, i difensori centrali Simone Giacchetta e Francesco Zanoncelli, il «regista» Roberto «Roby» Breda, il «fantasista» Giovanni «Giovannino» Stroppa e la «seconda punta» Christian Scalzo (nel precedente campionato «imprendibile» nella partita interna dell’Alzano Virescit contro il Genoa, da lui «trafitto» due volte, e a Genova «impalpabile» al punto di essere ceduto al Siena a metà campionato)  non produssero gli effetti sperati, anche perché la squadra non sembrava adeguatamente preparata dal punto di vista atletico (non si dimentichi che l’ultimo ritiro estivo era stato fatto da Bolchi nell’estate del 1996, quando guidava la Lucchese Libertas, militante in Serie B). In dieci partite ufficiali (le tre del girone eliminatorio di Coppa Italia, le prime cinque del girone d’andata e – dopo essere stato esonerato e successivamente richiamato – la seconda e la terza del ritorno) Bolchi non vinse mai sul campo, ottenendo quattro pareggi (uno in Coppa Italia e tre durante le prime cinque giornate) e sei sconfitte, la prima delle quali (il 2-3 interno di Coppa Italia contro l’Ancona venne trasformato in 3-0 «a tavolino» a favore del Genoa perché i due calciatori dorici Maurizio Peccarisi e Alessandro Corallo, autore della rete decisiva al 45’ della ripresa, non avevano scontato la giornata di squalifica a loro comminata per l’incontro di Coppa Italia di Serie C Ancona-Viterbese 1-2 di mercoledì 15 settembre 1999). Se dopo l’esonero del tecnico milanese a ottobre del 2000 il pittoresco presidente rossoblù Luigi «Nube che Corre» Dalla Costa si era affidato al giovane Guido Carboni II, poi tutorato (non essendo in possesso del patentino da allenatore di prima categoria) da Alfredo Magni, dopo le dimissioni di Bolchi (gesto di grande signorilità di un allenatore che anteponeva gli interessi del club a quelli personali) a febbraio del 2001, con la squadra distaccata di tre punti da quelle che occupavano le ultime posizioni che permettevano di evitare la retrocessione, ebbe la felice idea di richiamare il «Professore» Francesco «Franco» Scoglio, inizialmente per problemi burocratici (era Commissario Tecnico della Tunisia) rappresentato in panchina da Claudio Onofri: sotto la guida – indiretta o diretta – del tecnico eoliano il Genoa raccolse 27 punti nelle ultime sedici giornate, piazzandosi dodicesimo con 47 punti e undici di vantaggio sulla squadra retrocessa – il Treviso – che aveva conquistato più punti.

  Alla famiglia Bolchi vadano le più sentite condoglianze della Fondazione Genoa 1893.  

                                                                                                                  Stefano Massa  (membro del Comitato Storico Scientifico della Fondazione Genoa 1893)