Cent’anni fa mezzo migliaio di soci del Genoa rese omaggio a Staglieno al Milite Ignoto - Fondazione Genoa 1893

Cent’anni fa mezzo migliaio di soci del Genoa rese omaggio a Staglieno al Milite Ignoto

Cent’anni fa mezzo migliaio di soci del Genoa rese omaggio a Staglieno al Milite Ignoto

A tre anni dalla conclusione vittoriosa della Prima Guerra Mondiale per l’Italia, venerdì 4 novembre 1921 nel Monumento Nazionale a Vittorio Emanuele II di Savoia (l’«Altare della Patria», noto anche come «Vittoriano») venne tumulata la salma del Milite Ignoto, partita in treno all’alba di sabato 29 ottobre da Aquileia, dove era stata scelta tra altre dieci da Maria Maddalena Blasizza, madre di Antonio Bergamas, maestro comunale triestino di origine ebrea e di etnia italiana, che aveva disertato l’esercito austro-ungarico per passare a quello italiano, combattendo nelle cui fila era stato ucciso a Tonezza del Cimone, località dell’Alto Vicentino, domenica 18 giugno 1916.

Nel clima di entusiasmo più nazionalista che patriottico di quelle giornate anche a Genova, come in altre città italiane, si tenne il 4 novembre una manifestazione di omaggio a chi aveva dato la vita, perdendo anche la riconoscibilità della sua identità, alla Patria per farne coincidere i confini della carta geografica politica con quella fisica. Fu quella una tappa significativa nel rapporto tra il Genoa, rappresentato nelle vie della città da circa cinquecento soci (radunatisi dalle ore 8,00 del mattino presso la sede sociale di Villetta Serra, sulla Spianata dell’Acquasola) con il gagliardetto rossoblù alternativamente portato dai calciatori Celeste «Enrico» Sardi I, Augusto Bergamino I ed Ottavio Faini verso il Campo Trento e Trieste del Cimitero Monumentale di Staglieno, e la Grande Guerra, che aveva avuto un suo primo momento significativo con l’inaugurazione lunedì 24 maggio 1920, in occasione della ricorrenza del quinquennale dell’entrata nella Prima Guerra Mondiale dell’Italia, della lapide, murata su una delle quattro pareti esterne degli spogliatoi del “Campo del Genoa”, che si trovavano grosso modo dove ora c’è la torre che congiunge la Gradinata Sud al Settore 6 della Tribuna, dedicata ai venticinque caduti nel conflitto che avevano fatto parte del sodalizio rossoblù, ed ebbe il suo momento culminante nella dedica dello stadio di Marassi a Luigi «il Nazzareno» Ferraris, primo caduto genoano e medaglia d’argento al valor militare alla memoria, domenica 1° gennaio 1933 (la lapide è stata murata nella Tribuna d’Onore dello stadio dopo il suo rifacimento totale tra il 1988 e il 1989 in vista della Coppa del Mondo del 1990). Ferraris come ci informa l’opuscolo pubblicato in quell’occasione dal Genova 1893 (come si chiamava, in ossequio all’autarchia linguistica del Fascismo, la società da domenica 28 ottobre 1928, sesto anniversario della Marcia su Roma), non fu l’unico decorato di guerra tra le fila genoane, visto che ebbero una medaglia d’oro (più una di bronzo dimenticata dalla pubblicazione) Giuseppe Castruccio (futuro «Giusto fa le Nazioni» per aver salvato la vita nel 1943 a centinaia di ebrei, quando era console italiano a Salonicco, «la seconda Gerusalemme», nel 1943), due d’argento e due di bronzo Pasquale Lissoni, una d’argento, una di bronzo e una croce di guerra Gino Fiori e una di bronzo per ciascuno Ettore Leale, Aldo Federici, Luigi du Jardin e Mario Torrazzi.

Alle ore 9,00 del 4 novembre 1921, in una «Superba» dai negozi con le serrande abbassate e le bandiere tricolori abbrunate esposte ai palazzi, dalle cui finestre si affacciavano migliaia di persone, come migliaia erano quelle che seguivano la cerimonia dai marciapiedi, dal Ponte Monumentale e dalla terrazza della chiesa di Santo Stefano, il corteo, formatosi sotto la direzione di speciali incaricati e del Comando dei vigili urbani tra la Spianata dell’Acquasola (dove si radunarono le rappresentanze delle scuole civiche elementari, le truppe destinate al Comando del Presidio, le madri, le vedove e gli orfani dei caduti, i mutilati di guerra, le autorità civili e militari, i decorati al valore e i combattenti, gli ufficiali di qualsiasi categoria in divisa, le associazioni di militari ed ex militari e i corpi musicali militari), via Andrea Podestà e via Corsica (che accolsero i docenti e gli studenti delle scuole medie, superiori e delle Università, le corporazioni, le associazioni – in esse rientravano ovviamente quelle sportive che erano rappresentate, oltre che dal Genoa Cricket and Football Club, che aveva portato il maggior numero di soci, dal Club Alpino Italiano, dall’Unione Escursionisti Liguri, dalla Società Ginnastica Cristoforo Colombo – squadra femminile –, dalla Società Ginnastica Raffaele Rubattino, dalla Società Ginnastica Andrea Doria, dalla Società Ginnastica Goffredo Mameli, dalla Società Ginnastica Genova, dalla Squadra Ginnastica San Giacomo, dall’Ardita Spartana, dalla Sportiva Sturla-Quarto, dall’Unione Sportiva Cavalletto, dall’Unione Sport Esperia, dal Club Sport Audace, dallo Sport Club Carlo Alberto, dallo Sport Club Molassana, dalla Pro Marassi, dalla San Gottardo, dai Calciatori Liguri, dal Serenitas Football Club, dal Vittoria Football Club, dallo Statuto Football Club, dalla Società Rari Nantes,, dal Circolo Sportivo Vittorio Alfieri, dal Veloce Club, dall’Aquila, dall’Edera, dai Canottieri Genovesi Elpis, dalla Federazione Italiana Sport Atletici, dalla Federazione Italiana Rari Nantes, antesignana della Federazione Italiana Nuoto, come si è chiamata a partire dal 1930, e dall’Unione Velocipedistica Italiana, capitanata dallo scozzese George «Geo» Davidson, che l’anno prima aveva ceduto a Guido Sanguineti il ruolo di presidente del Genoa, diventando il suo vice – e i corpi musicali civili) mosse i suoi primi passi (si tenga conto che la coda dell’immensa fila partì un’ora dopo!), seguendo un rigido protocollo, che prevedeva nel caso – verificatosi – di bel tempo di attraversare piazza Luigi Emanuele Corvetto, via Roma, via XX Settembre, via Canevari e via Bobbio (in caso di maltempo, si sarebbe passati per via Innocenzo Frugoni, via XX Settembre, via Ottavio Assarotti e via Leonardo Montaldo) e raggiungendo, sotto il fragore di colpi a salve sparati ogni minuto dai cannoni posizionati sulla collina di San Benigno e all’interno del forte del Castellaccio, il principale cimitero cittadino, dove nel Campo Trento e Trieste venne officiata dal rettore dei Barnabiti e del Collegio “Vittorino da Feltre”, padre Besana, coadiuvato da Don Galimberti, dal capitano e decorato di guerra Agostino Ferroni e dal ferroviere ed ex legionario fiumano Volfango Cuniolo, la Messa da campo alla presenza, da vicino, dei rappresentanti delle varie associazioni ammessi, delle autorità, dei reparti dell’Esercito e della Marina Militare e di un gruppo di alunni delle scuole elementari e al cospetto, da lontano, di tutti i partecipanti assiepatisi sugli spalti circostanti. Al termine della cerimonia religiosa un gruppo formato da vedove ed orfani di soldati deceduti in guerra portò fiori sulle tombe dei caduti così come fece un’altra rappresentanza di madri dei militari defunti, che depose corone d’alloro sulle estreme dimore di caduti francesi, britannici e statunitensi.

 

Stefano Massa